Minimizzare il consumo energetico e ridurre l’impatto ambientale: la sostenibilità edilizia si articola in sostanza in questi due concetti.
La bioarchitettura, diversa dal Green Building o architettura sostenibile, si concentra a differenza di quest’ultima sui materiali con cui vengono costruiti gli edifici, che devono essere o direttamente provenienti da un contesto naturale, oppure appartenenti ad esso. Per il secondo caso prendiamo ad esempio il grattacielo Bosco Verticale a Milano, dove una parte della parete esterna dell’edificio è di fatto costituita da piante.
Alcuni esempi
Oltre al nostrano Bosco Verticale, abbiamo altri notevoli esempi di bioarchitettura in Europa:
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Centro per l’Interpretazione delle Energie Rinnovabili (CIER), Spagna: Questo edificio utilizza materiali da costruzione sostenibili e tecniche di progettazione passive per minimizzare il consumo energetico. È un esempio di come gli edifici possono integrarsi con il loro ambiente naturale riducendo al contempo la dipendenza da fonti energetiche non rinnovabili.
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The Edge, Amsterdam, Paesi Bassi: Considerato uno degli edifici per uffici più verdi al mondo, The Edge utilizza tecnologia all’avanguardia per ridurre il consumo energetico. Dispone di pannelli solari sul tetto e sfrutta l’acqua piovana per il suo sistema di risciacquo dei bagni.
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California Academy of Sciences, San Francisco, USA: Progettata dall’architetto Renzo Piano, questa struttura è uno dei musei più sostenibili al mondo. Dispone di un tetto verde, che non solo aiuta a isolare l’edificio, riducendo il fabbisogno energetico per il riscaldamento e il raffreddamento, ma fornisce anche un habitat per specie animali e vegetali locali.
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Pixel Building, Melbourne, Australia: Questo edificio da ufficio vanta un’eccellente sostenibilità ambientale e un punteggio di zero emissioni di carbonio. Utilizza pannelli solari, raccolta dell’acqua piovana, tecnologie di raffreddamento ad assorbimento e un tetto verde per raggiungere questo obiettivo.
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Fallingwater, Pennsylvania, USA: Progettata da Frank Lloyd Wright negli anni ’30, questa iconica residenza è un esempio precoce di bioarchitettura. Si integra perfettamente con il paesaggio circostante, evidenziando l’importanza del sito e dell’ambiente naturale nel processo di progettazione.
Non solo architetture, ma anche biomateriali
Per comprendere pienamente l’impatto che potrebbe avere la bioarchitettura dobbiamo considerare non solo edifici progettati organicamente in modo da essere più compatibili possibile e integrati con l’ambiente naturale, ma dobbiamo anche considerare che si possono integrare dei biomateriali a costruzioni già esistenti. I biomateriali possono anche far parte di un progetto non strettamente di bioarchitettura, ma costituiscono comunque un importante passo in avanti sulla via dell’indipendenza energetica e dalla riduzione dello spreco.
Una nota: biomateriale non è sinonimo di materiale prodotto in ottica di sostenibilità. Ad esempio, esistono dei materiali prodotti a partire da plastiche riciclate, ma non si tratta di biomateriali. Infatti, manca il fondamentale elemento, citato a inizio articolo, della “vita” del materiale.
Innanzi tutto, c’è un dibattito in corso sulla sostenibilità del legno. Sintetizzando, potremmo dire che in alcune zone, dove le foreste sono gestite in modo responsabile e non c’è eccessiva densità abitativa, il legno è un materiale ecologico. In Europa abbiamo in prima linea sull’uso di legno la Svezia, la Finlandia, e l’Austria.
Ci sono anche degli strenui sostenitori della sostenibilità della sabbia e della pietra, usate per millenni. C’è chi menziona la calce, usata sia come materiale da costruzione che come legante nelle malte, è apprezzata per la sua capacità di “respirare”, permettendo all’umidità di muoversi attraverso le pareti e prevenire problemi di muffa. È meno impattante ambientalmente rispetto al cemento Portland.
Invece, l’uso dell’argilla e della terra cruda (fango) è una tecnica antica che sta vivendo una rinascita per la sua sostenibilità. Questi materiali offrono eccellenti proprietà di regolazione dell’umidità e possono contribuire a creare ambienti interni salubri.
Ma, come abbiamo detto poco sopra, solo il legno dei succitati materiali rappresenta un vero biomateriale.
I veri e propri biomateriali
La paglia è un materiale isolante naturale ed economico che viene utilizzato nei tetti o come materiale da costruzione principale. Offre ottime prestazioni termiche e, quando coperta con intonaco di calce o argilla, diventa resistente al fuoco e durevole.
Poi, il sughero è un materiale isolante naturale ricavato dalla corteccia delle querce da sughero, prevalentemente in Portogallo. È leggero, resistente all’umidità e offre eccellenti proprietà isolanti termiche e acustiche.
Inoltre abbiamo il calcestruzzo di canapa: Questo materiale, conosciuto anche come “Hempcrete”, è una miscela di canapa, calce e acqua. È leggero, resistente, e offre buone proprietà isolanti.
Ma un passaggio ulteriore verso i biomateriali è quello di recuperare dei materiali ad oggi concepiti come materiali di scarto.
Ad esempio, recentemente sta emergendo il discorso sul calcestruzzo di pula e lolla di riso, le quali grazie alla presenza di silice e cellulosa sono resistenti alla decomposizione e dotate di proprietà isolanti. Quando viene combinata con leganti come calce o cemento, può formare un materiale composito leggero, resistente e con buone proprietà termiche e acustiche. Questi compositi possono essere utilizzati in varie applicazioni nell’edilizia, dalla produzione di blocchi da costruzione e pannelli isolanti fino a componenti prefabbricati.
A differenza dei materiali precedenti, si tratta di un sottoprodotto della lavorazione del riso, ed è quindi un vero e proprio scarto recuperato.
E non è nemmeno una novità: sapevi che sono state trovate tracce di riso anche nella muraglia cinese?
A riprova del fatto che i biomateriali esistono da tempi molto antichi, e ultimamente li stiamo solo riscoprendo.