Dall’età del ferro in poi, il ferro dominò la scena dei materiali per molto tempo, almeno fino al XVII secolo, quando si cominciò a ricercare un materiale meno fragile e più utilizzabile per gli edifici.

La svolta delle ferrovie

Ma furono le ferrovie a dare un input definitivo allo sviluppo di quello che oggi conosciamo come acciaio. Infatti, tutto il ferro veniva utilizzato per costruire i binari, e le eccedenze erano davvero poche e sempre più costose.

La ghisa

A temperature molto elevate, il ferro inizia ad assorbire carbonio, che abbassa il punto di fusione del metallo, dando origine alla ghisa (2,5-4,5% di carbonio). Lo sviluppo degli altiforni, utilizzati per la prima volta dai cinesi nel VI secolo a.C. ma più diffusi in Europa durante il Medioevo, ha aumentato la produzione di ghisa.

In sostanza, la ghisa è il ferro fuso che esce dagli altiforni.

Uno dei principali problemi della ghisa era la sua estrema fragilità, a fronte di una altissima resistenza. Ad un certo punto si scoprì che era proprio il carbonio a dare al metallo finale la caratteristica di fragilità. 

Forni a pudding

Alla fine del XVIII secolo, i produttori di ferro impararono a trasformare la ghisa grezza in ferro battuto a basso contenuto di carbonio utilizzando i forni a pudding (sviluppati da Henry Cort nel 1784). 

I forni riscaldavano il ferro fuso, che come un pudding veniva rimestato di modo che l’ossigeno riuscisse a combinarsi con il carbonio e lo rimuovesse lentamente.

Come detto, al diminuire del contenuto di carbonio diminuisce anche il punto di fusione del ferro. Queste masse di ferro fuso a basso contenuto di carbonio si agglomerano nella fornace e venivano successivamente arrotolate in fogli. 

Il lavoro manuale richiesto era molto, e il processo produttivo era ancora troppo costoso per portare questo ferro alla produzione di massa. 

Acciaio blister

Si iniziò a produrre l’acciaio blister in Germania e in Inghilterra nel XVII secolo, aumentando il contenuto di carbonio nella ghisa fusa con un processo noto come cementazione. In questo processo, barre di ferro battuto venivano stratificate con carbone in polvere in casse di pietra e riscaldate.

Dopo circa una settimana, il ferro assorbiva il carbonio contenuto nel carbone. Il riscaldamento ripetuto distribuiva il carbonio in modo più uniforme e il risultato, dopo il raffreddamento, era l’acciaio blister. Il contenuto di carbonio più elevato rendeva l’acciaio blister molto più lavorabile della ghisa, consentendo di pressarlo o laminarlo.

La produzione di acciaio blister è progredita nel 1740, quando l’orologiaio inglese Benjamin Huntsman, nel tentativo di sviluppare un acciaio di alta qualità per le molle dei suoi orologi, scoprì che il metallo poteva essere fuso in crogioli di argilla e raffinato con un flusso speciale per rimuovere le scorie lasciate dal processo di cementazione. In ogni caso, il costo della produzione rimaneva troppo elevato.

Il processo Bessemer e la siderurgia moderna

La svolta nella storia dell’acciaio avvenne nel 1856, quando Henry Bessemer gettò le basi per la moderna industria dell’acciaio: utilizzare l’ossigeno per ridurre il contenuto di carbonio nel ferro.

Bessemer ideò un metodo più efficace per introdurre ossigeno nel ferro fuso e ridurre il contenuto di carbonio.

Lo fece progettando un recipiente a forma di pera (convertitore) in cui il ferro poteva essere riscaldato mentre l’ossigeno poteva essere soffiato attraverso il metallo fuso. L’ossigeno, passando attraverso il metallo fuso, reagiva con il carbonio, liberando anidride carbonica e producendo un ferro più puro.

Il processo era veloce ed economico, ma troppo efficace: veniva rimosso troppo carbonio, e Bessemer dovette rimborsare i suoi investitori.

Più o meno nello stesso periodo, il metallurgista britannico Robert Mushet acquistò e iniziò a testare un composto di ferro, carbonio e manganese, noto come spiegeleisen. Il manganese era noto per rimuovere l’ossigeno dal ferro fuso e il contenuto di carbonio nello spiegeleisen, se aggiunto nelle giuste quantità, avrebbe fornito la soluzione ai problemi di Bessemer. Bessemer iniziò ad aggiungerlo al suo processo di conversione con grande successo.

Rimaneva un problema. Bessemer non era riuscito a trovare un modo per rimuovere il fosforo, un’impurità che rende l’acciaio fragile. Di conseguenza, era possibile utilizzare solo minerale privo di fosforo proveniente dalla Svezia e dal Galles.

Nel 1876 il gallese Sidney Gilchrist Thomas trovò la soluzione aggiungendo al processo Bessemer un flusso chimicamente basico, il calcare. Il calcare attirava il fosforo dalla ghisa nelle scorie, consentendo di eliminare l’elemento indesiderato.

Questa innovazione significava che, finalmente, il minerale di ferro proveniente da qualsiasi parte del mondo poteva essere utilizzato per produrre acciaio. 

La nascita dell’industria siderurgica

Tra il 1867 e il 1884, grazie alle nuove tecniche di produzione dell’acciaio, i prezzi della ferrovia scesero di oltre l’80%, dando il via alla crescita dell’industria siderurgica mondiale.

Negli anni Sessanta del XIX secolo, l’ingegnere tedesco Karl Wilhelm Siemens migliorò ulteriormente la produzione di acciaio grazie alla creazione del processo a cielo aperto.

Questo metodo consentiva la produzione di quantità molto superiori, inoltre si poteva controllare più frequentemente l’acciaio prodotto, e dargli caratteristiche particolari. Nel 1900 il processo a cielo aperto aveva sostituito principalmente il processo Bessemer.

1) Forno elettrico ad arco

Oggi l’acciaio viene prodotto con un forno elettrico ad arco di Paul Heroult, progettato per far passare una corrente elettrica attraverso materiale carico, provocando ossidazione esotermica e temperature fino a 1800°C.

Inizialmente utilizzati per la produzione di acciai speciali, i forni elettrici ad arco si sono diffusi e, a partire dalla Seconda Guerra Mondiale, sono stati utilizzati per la produzione di leghe di acciaio. I bassi costi di investimento necessari per la creazione di forni elettrici ad arco permisero loro di competere con i maggiori produttori statunitensi, come US Steel Corp. e Bethlehem Steel, soprattutto per quanto riguarda gli acciai al carbonio, o prodotti lunghi.

 

Poiché i forni elettrici ad arco possono produrre acciaio dal 100% di rottami, o ferrosi a freddo, è necessaria meno energia per unità di produzione. Rispetto ai forni a ossigeno di base, inoltre, le operazioni possono essere interrotte e avviate con costi ridotti. Per questi motivi, la produzione tramite forni elettrici ad ossigeno è in costante aumento da oltre 50 anni e oggi rappresenta circa il 33% della produzione globale di acciaio.

2) Produzione di acciaio con ossigeno

Il resto della produzione mondiale viene realizzata con impianti a ossigeno, che dagli anni ‘60 in poi hanno iniziato a sostituire, per la loro maggiore efficienza, gli impianti a cielo aperto.